BATTLE REPORT TORNEO DUST PIANA delle ORME
BATTLE REPORT TORNEO DUST PIANA delle ORME

di Gabriele Luccioni

La forza della Steel Guards? Le Red Guards.
Se vi fa paura una banda di tre Lattine d’acciaio armate fino ai denti con machine guns, bazooka e tutto quello che la Madrepatria può fornire a questi eroi della Russia, è perché non sapete che cosa fanno i fanti della Red Guards.
La mia lista comprendeva, nel reparto Lattine: Guai-Lö Moloï, naturalmente, insieme alla Steel Guards Command squad; la Steel Guards Assault Squad, per mostrare i muscoli grazie a due heavy shotguns e soprattutto alla gittata dell’HMG; la Steel Guards Sniper Squad; sono in due, ma contro le squadre comando (i radio operatori, soprattutto) e le unità da due, tipo i carretti coi mortai, se colpiscono (e colpiscono) fanno danni raramente riparabili; la Steel Guards Anti-Tank Squad, che, senza nulla togliere agli altri, è l’unica davvero effettiva contro i mezzi in una lista vehicle-less. Passando al reparto cannon fodder, o meglio, quelli che tutti considerano come cannon fodder ma che valgono la vittoria, come i Sovietici ci insegnano riguardando le battaglie importanti vinte da ondate di expendables che la Russia aveva sempre a disposizione
– da qui, la forza del proletariato:

1 reparto di Red Guard Command Squad, perchè se ti riattivo quell’unità che pensavi che non ti avrebbe più rotto le pale, e ti rompe le palle, godo.
4 reparti di Red Guards Assault Squad, perché vedi sopra;
1 reparto di Red Guards Anti-Tank Squad, perchè quello che vale per le Steel, vale anche per le Red.

Le ritengo un blocco d’impatto molto straightforward, dove, a parte gli specialisti rappresentati dalle SG Snipers, tutti fanno tutto. E come è giusto che sia, IMHO. Nessuno corre, certo, ma è perchè l’Onda Rossa arriva lenta ed inesorabile; sparate pure, sarà come sparare nell’acqua (o nel sangue, fa poca differenza). Perchè? Perchè il plotone delle Red Guards fa si che fino al terzo turno (e in un torneo, si va raramente oltre il terzo) queste, inesorabili, accompagnate dai Compagni Commissari e da alcune raffiche di mitra, ritorneranno a combattere – o meglio, qualcun altro compagno tornerà a raccogliere il Mosin Nagant del morto fresco per combattere al suo posto.

Le lattine poi… le lattine sono intrapassabili. Lo sapete voi, lo sanno loro, lo sa il compagno comandante che le butta lì davanti per fare da scudo umano. L’artiglieria? Non la sentono. Le granate? Poco di più. Il fuoco… ecco, il fuoco lo temono, ma i lanciafiamme sparano a cortissima gittata, e loro, dentro alla loro scorza di metallo e orgoglio patriottico, se ne tengono lontane, sparando almeno a 3. Siete finalmente riuscite a fermarle, sparando? Bene. Sono tutte resilienti. Capite che, insomma, se la vostra armata non muore per i colpi, è la frustrazione che se la porterà via, prima o poi…

Il torneo di Domenica 6 ottobre, nella bella cornice del museo di Piana delle Orme, si è giocato con lo Sherman che ci guardava dalla porta accanto, e circondati da piccoli napoleonici incazzati che saranno stati pure alti 15mm, ma sappiamo tutti che il generale Bonaparte non era altissimo, ma in quanto ad efficienza bellica, spostatevi.

La mia prima partita, dopo un rapido cambio di maglia per supportare il neonato Dust Roma, è stata combattuta contro un altro esercito di tovarishes del generale Mirko, che rispondeva a Guai-Lo con Guai-Lo (ma il suo era dipinto 100 volte meglio, nel suo infinito atto di spararmi addosso con gli RPG). Oltretutto, il mio terrore si avverava: mi schierava contro un Red Rain e varie unità di Spetsnaz, che, oltre al mio cuore, hanno rapito il giusto conto di anime sovietiche da me schierate. Il Red Rain, o er Carretto, come lo chiamiamo noi in amicizia a Roma, prima di essere molto forte per i punti che costa, è anche dolorosissimo. E lo è stato anche stavolta, scaricando sui miei tonnellate di grappoli non propriamente d’uva che hanno tolto immediatamente un’unità di Red Guards e hanno piallato gli SG Snipers, che sono venuti da casa, hanno odorato l’aria, e si sono seduti in panchina – una panchina di legno di abete col coperchio inchiodato e coi manici di ferro, per capirci. Da lì, lo scontro si è reso abbastanza comico, con 26 dadi miei che facevano 3 successi, poi negati, e Mirko che provava a difendere col suo Type 47 in cover con simboli di fazione e mirini… non propriamente grandi cover. Dopo un pò, l’entropia ci ha raggiunti, e diciamo che dopo 90 minuti di imprecazioni varie rivolte ai piccoli oggetti cubici (che per altro abbiamo ricontato varie volte, avendo la stessa tipologia di dado che tendeva a mischiarsi – rossa con simboli gialli), la dea bendata ha sorriso (poco e a labbra strette, quasi schifata) a me, che però avevo avuto fin lì il solo merito di aver mosso la mia vagonata di russi al interno dell’obbiettivo – per camminare non serve tirare il dado – osservare quando Mirko mi sparava addosso facendo dai 0 ai 2 successi con Guai-Lo e la sua unità di Fire Support (o Fire Suppost, nel senso che si supponeva dovessero sparare, e invece no) e di mio sparare come un pazzo totalizzando 0 morti, facendo pervenire la signorina in tailleur del Guinness dei Primati per registrare tanta sfortuna.

FInale primo atto: dadi pochissimo affidabili vs dadi pochissimissimo affidabili, passa Gabriele. Dopo un rapido pranzo a base di NULLA, visto che il bar era assaltato dai predoni latini, siamo tornati mestamente ai campi di gioco. E chi mi capita? L’altro tovarish della giornata, ma con gli Spetsnaz, Marco. In una missione di massacro puro e semplice, senza obbiettivi nè razionalità. Solo botte. Marco è uno forte, che ha però una peculiarità: lui mette un’unità esattamente lì dove ha esattamente ponderato che dovrà esattamente stare. Io allora gliela disintegro perchè, dai, me l’hai messa a 3. E lui che fa? Ce ne rimette un’altra. Testardo e orgoglioso, come tutti i sovietici, Marco ha continuato a servirmi pezzi sul board fino a che non si è ricordato di avere anche unità in camo. E lì, la cosa è cambiata. Invece di morire e basta, venivano più vicini per morire meglio. Di contro, un altro Carretto (ma schierano tutti sto cavolo di carretto?) ha triturato le mie truppe che scappavano verso cover di marzapane, inutilmente; come una triste litania, Marco continuava a ripetere le parole dell’immortale poeta Battisti, “il Catterro passava e quell’uomo tirava Granate”. Peggio ancora, il suo Giovanni di Ferro (iron Joe) continuava a chiamare ordini e riattivare il maledetto Carretto, che alla fine (ma alla fine alla fine) ho tolto con gli Snipers, che, memori della figura da cioccolatari della prima partita, son partiti da bordo tavolo e hanno sparato alla traditora, cioè dalla massima gittata possibile per poi scappare dietro a un pilone e rimanerci fino alla fine della partita. До свидания, cagasotto. Alla fine della fiera, cioè alla fine del terzo turno, gli Spetsnaz morti erano un muro leggermente più alto di quello fatto da pezzi di Red Guards, e sono passato per il rotto della cuffia. Fine secondo atto: Suicidio di Massa vs Carretto Crudele, passa Gabriele (fa anche rima).

La terza partita si apre tra i sussurri di quelli che avevano perso contro Gaetano, il mio terzo sfidante, e per adesso numero uno della competizione. “Arrivano dal cielo e non li vedi”, sussurravano i rangers di Luca, stravolti, decimati e assisi sul orlo della propria pazzia. “Sono come dei fantasmi, ma menano pure”, gridavano gli ariani di Adriano, che scappavano a rifugiarsi in 37 dentro a un tank cabrio due posti secchi. Per cui, sono andato al macello contro la Luftwaffe con la calma di una mucca di 17 anni. “Morirete tutte male, basta che lo sappiate”, dicevo alle compagne lattine. Ma intanto inizia la partita vera e propria. Dobbiamo conquistare una fonte. Eccerto. Morti su morti per la Ferrarelle. Mi sporgo e vedo che dall’altra parte del campo non c’è il Carretto (finalmente!), ma un mortaio e un walker dell’asse, naturalmente di artiglieria. E ci sono gli osservatori. E c’è un sacco di gente che vola. Bacio la foto del mio cane Ivan il Terribile XXXII per l’ultima volta, e schiero a scacchiera le Red e le Steel, con la calma, che è, come tutti sapete, la virtù dei forti morti.
Guardo Gaetano, che sapeva di vincere, con lo sguardo di chi dice “so che sai di vincere, e hai ragione”. Glielo dico. Lui annuisce. Muovo pigramente in avanti dei pezzi a caso, aspettando le bombarde che, puntualmente, in effetti arrivano. Ma! C’è un ma. La Red Guards ritorna! E continua a ritornare! In uno slancio di patriottismo, nell’arco di tre turni e una riattivazione da Command superlontana, le Snipers marciano durissimo (di tre quadrati… che delusione che siete…) e poi seccano prima gli osservatori e poi l’unità col mortaio. Gaetano, che è un ragazzo serio, non voleva inveire, ma io ho prontamente aperto le danze appena la mia SG Assault Squad è scoppiata nel cielo in scheggette piccole piccole. Ma Gaetano non ci stava: continuava a sparare su le Red Guards che tornavano, col risultato non scontato che continuavano comunque a tornare. Come un qualsiasi compagno generale, perciò, mi sono immedesimato in loro: soli, sotto le granate, coperti da una palma evidentemente di adamantio, continuavano a incassare e salvare, morire e tornare. Come mi avete reso orgoglione, compagni della Guardia! Particolarmente irritato – e giustamente, aggiungo io, Gaetano stava quasi per provare la mossa del dirigibile infuocato sul Kremlino, quando, allo scadere dell’ora e mezza, il reparto più bombardato della storia delle Ferrarelle, Guai-Lo e la sua command squad e UN SINGOLO PEZZO DI RG ASSAULT SQUAD reduce delle bombe sono usciti dall’anonimato e hanno dato TUTTO.
Guai-Lo e la Command hanno tirato giù tutto quello che volava nei ditorni, il reparto palma d’acciaio ha distrutto tre sopravvissuti del Raketentruppe che contestavano l’obiettivo, e la Red Guard solitaria ha moonwalkato sola, scoperta e anche un pò impertinente, verso la vittoria, prendendo il punto a fine del terzo turno, quindi bevendo dalla fonte (della Perrier, suppongo).
La Luftwaffe tutta, Gaetano e me, che mi ero seduto lì per giocare la terza partita con vicino l’omino delle lapidi che scriveva i nomi dei caduti rossi su una lastra di marmo travertino, tipica dei paraggi. Il torneo fuori dal mio pronostico finisce con me vincitore.

Dopo di che, foto, coppe, strette di mano, baci, ancora strette di mano, ricarico delle Feldherr e navigatore impostato sul più vicino MacDonald’s per chi, per combattere, aveva saltato il pasto.
Ah, la guerra è una brutta bestia!